Riforme, investimenti, modelli di business, tutto per sfruttare un’occasione da non perdere: la candidatura all’Europeo del 2032 per realizzare nuovi impianti, rimettere a nuovo quelli esistenti.   

Gli stadi italiani sono vecchi, cadenti, senza servizi, per nulla ospitali e di sicuro poco confortevoli. Aprono per ospitare la partita, poi richiudono.   

Sporadiche manutenzioni straordinarie, addosso qualche sverniciata costata milioni di euro pubblici, impantanati tra pastoie burocratiche e litigi tra Comuni e club sulla gestione e/o concessione, fitto, alienazione e quant’altro.

Secondo un dato presente nel report annuale della Figc, nella realizzazione degli stadi l’Italia è scivolata oltre il decimo posto in Europa.

Molte società sono cadute in un vizio tutto italiano, presentare i rendering prima degli studi di fattibilità e del relativo consenso dei portatori di interesse.

Non c’è da credere ai progetti calati dall’alto visto che più che nuovi stadi si propongono veri e propri piani di rigenerazione e sviluppo urbano.  

Le più evidenti degenerazioni nella pratica sportiva sono quelle del mondo del calcio, dove gli intrecci fra riciclaggio, corruzione e mafie sono stati oggetto di indagini giudiziarie in tutta Italia, con partite truccate, gestione illecita delle scommesse, controllo delle scuole calcio e dei vivai delle squadre, estorsioni mascherate da sponsorizzazioni e minacce a giocatori, allenatori e dirigenti, utilizzo delle tifoserie per il controllo dei servizi e delle attività interne ed esterne agli stadi. Non mancano azioni in positivo per prevenire e contrastare il fenomeno.

E’ in corso un filone d’inchiesta che riguarda il tema della proprietà delle società di calcio, del riciclaggio attraverso i club e delle altre forme di illeciti economico-finanziari perpetrati dalle organizzazioni criminali nel mondo del calcio.

Le numerose vicende richiamate nella relazione e i procedimenti penali a esse connesse indicano come il crimine organizzato sia in grado di cogliere nel calcio e nelle attività collegate importanti opportunità, al fine di ampliare il panorama già vasto dei traffici illeciti, aprire nuovi canali per il riciclaggio e, non ultimo, perseguire strategie di acquisizione o consolidamento del consenso sociale in più o meno ampi segmenti della popolazione rappresentati dalla tifoseria della squadra oggetto di attenzione da parte di una determinata consorteria criminale.

A portare nuovi fondi nelle casse delle società ci pensano talora personaggi poco raccomandabili, prestanome di clan o addirittura soggetti appartenenti a essi. Una volta acquistata, direttamente o indirettamente, la proprietà di una società calcistica, essa diventa uno strumento nelle mani della criminalità organizzata per sfruttare l’enorme quantità di denaro che gira intorno ad essa: sponsorizzazioni, merchandising, biglietti e trasferimenti, un’economia importante ma poco trasparente.

Accanto alle varie forme di corruzione e illegalità economica e finanziaria che hanno coinvolto dirigenti e calciatori di squadre di alto livello, ci sono i numerosi casi di presenza delle organizzazioni mafiose nella gestione delle squadre di calcio appartenenti alle categorie inferiori. Attraverso il loro controllo diretto e indiretto, i boss di mafia, camorra, sacra corona unita e ‘ndrangheta mantengono il controllo sociale del territorio.

Sono individuabili tre livelli problematici: l’infiltrazione mafiosa nelle società sportive di calcio dilettantistico e in alcune esperienze di calcio professionistico; il rapporto fra gruppi organizzati di tifoserie, il territorio e le organizzazioni mafiose, con riflessi sul condizionamento delle società di calcio, anche di alto livello; il concreto atteggiarsi di alcuni gruppi organizzati delle tifoserie come associazioni criminali che si muovono con il metodo mafioso, anche a prescindere dalle appartenenze a consorterie criminali tradizionali. Il tutto da leggere sotto la lente della valutazione dell’efficacia della normativa anticrimine nel settore (Daspo, disciplina della giustizia sportiva, regole sulla costruzione e sulla proprietà degli stadi ed altri strumenti).

Preminente rilievo nell’opera di repressione assume la questione edilizia degli stadi.

Stadi fatiscenti, inospitali, privi di attrattive per le famiglie, costituiscono il luogo ideale e privilegiato per l’occupazione dei gruppi criminali e per la conseguente azione di ricatto nei confronti delle società. In effetti, tutte le legislazioni europee si sono ormai orientate, e da tempo, a investire direttamente le società calcistiche del problema della sicurezza all’interno degli impianti, varando tutta una serie di misure tese alla loro massima responsabilizzazione.

Il sistema poggia su alcuni assi portanti:   

Proprietà degli impianti sportivi in capo alle società, responsabili in via esclusiva della realizzazione e della manutenzione.

Riqualificazione di quelli esistenti sotto il profilo della capienza, della separazione tra i settori, delle dotazioni tecnologiche idonee a consentire l’accesso selettivo agli utenti (tornelli elettronici con lettori di badge e di ticket) e l’identificazione dei medesimi all’interno delle aree dell’impianto (sistemi di videosorveglianza sui settori, sulle aree di massima sicurezza e su quelle di pre-filtraggio):

Responsabilità dei servizi di ordine pubblico all’interno dell’impianto in capo alle società sportive, con obbligo di utilizzo di “steward” qualificati, con il compito principale di far rispettare ai tifosi il posto assegnato e corrispondente al biglietto.   

Responsabilità dei servizi di ordine pubblico al di fuori degli impianti in capo alle forze dell’ordine, con possibilità di intervento all’interno in situazioni di criticità o, in via preventiva, per incontri classificati ad alto rischio.

La corsa è partita: alcuni hanno la maglietta ufficiale e sono corridori affidabili; altri contano sulle “combinazioni particolari” per arrivare alla meta o per fare da prestanome a chi ha i mezzi ma non la presentabilità.

Un solo fatto è certo: sono cominciate le grandi manovre.

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