Premetto che questo articolo è frutto di una pura invenzione. Una sorta di calembour, un gioco di parole, un modo fantasioso per dire alcune cose che non possono essere dette ufficialmente e ho immaginato di essere seduto attorno ad un tavolo a cena con Sebastiani, Iannascoli, De Cecco e Olivieri.

Una buona cena presuppone, naturalmente, una buona bevuta con del vino di qualità e, in Abruzzo, ne abbiamo di ottimi.

Consumando piacevolmente le varie pietanze e bevendo con disinvoltura diversi calici, ci siamo ritrovati, in piena armonia e con tanta voglia di parlare, ad essere un po’ alticci, ma non tanto da essere ubriachi, come dire che eravamo ragionevolmente allegri e spensierati.

Si sa che in vino veritas. Questa è un’espressione che deriva dal latino popolare: dietro un bicchiere di troppo talvolta si cela la verità, ossia esagerando col vino si potrebbe rivelare qualcosa di scottante. In altre parole, bere un po’ di più può portare a conseguenze indesiderate, scompaiono i filtri inibitori e si possono rivelare dei fatti che, in altre circostanze, non verrebbero mai svelati.  Questo perché il vino provoca una specie di esaltazione, un ‘piacevole stordimento’ che rilassa i freni inibitori contribuendo a farci dire (o fare) qualcosa che, altrimenti, non diremmo mai.

E in questo clima di euforia, siccome non dimentico mai di essere un giornalista mi sono avventurato a fare delle domande sperando di avere delle risposte vere e non sono rimasto deluso, anzi, ho trovato riscontri veritieri che hanno fatto sì che la cena diventasse uno stimolo in più per capire i vari perché della storia attuale del calcio pescarese.

Ho chiesto a Peppe De Cecco, essendo il più idoneo a farmi capire gli inizi del delfino 1936, perché avesse dato questo nome alla nascente società dopo il fallimento e perché quella data considerando che il calcio ufficiale, in città era nato ben prima e poi perché proprio Delfino che, in sintesi, era il concorrente principale della famiglia De Cecco?

“Per la verità non ci avevo fatto caso, ho pensato al delfino come simbolo e logo giusto per una città marinara e non ho ricollegato i fatti storici commerciali delle famiglie Delfino e De Cecco. Per quanto riguarda l’anno 1936 avevo saputo che Angelo Vetta aveva costituito l’AS Pescara calcio nel 1936 e mi era sembrato giusto dare quella data come inizio della nuova realtà calcistica pescarese.”

 “Capisco, ma poi cosa è successo? Salto le prime stagioni che portarono il Pescara in Serie B e ci ritroviamo al campionato 2011-2012 quando da presidente hai portato Zeman a Pescara. Sembrava che tutto dovesse filare liscio per la tua presidenza e invece l’amministratore delegato di allora, Daniele, è subentrato al tuo posto come presidente… mi pare nel novembre di quell’anno.”

“Ricordi bene. È che certi accordi che avevamo con l’amico Daniele non furono rispettati ed io mi incavolai e me ne andai…”

“Il tuo solito carattere. Molti pensano che fu per il Poggio degli ulivi…”

“Sì ma non solo quello è che il modo di fare di Daniele non mi piaceva e mi perdonerà se lo dico a tavola, dove dovremmo essere simpaticamente e amichevolmente legati, ma un De Cecco tu, sinceramene, ce lo vedi a collaborare con Daniele?”

“Beh era il tuo amministratore delegato… tu lo hai fatto entrare in società… avevi bisogno di una persona come lui?”

“Per la verità, e non me ne voglia se lo dico, apprezzavo le sue capacità di amministratore perché con i numeri ci sa fare ma non è che fosse così importante, anche perché i suoi mezzi erano e sono limitati. Pensa che è entrato in società con l’aiuto concreto di Pagliarone…”

“Ma fammi capire te ne andasti ma tenevi ancora delle quote e avevi firmate molte fideiussioni…”
“Sì ma ci furono delle furbate per quanto riguardava la questione dei voti che non rispettavano le quote ma erano considerate un voto per ogni socio e quindi mi ritrovai in minoranza come un ingenuo…”

“Insomma t’ha fregato?”

“Beh, messa così, mi fai fare la figura del ragazzino ingenuo ma di fatto Daniele è stato furbo e ha sfruttato il momento.”

“Sebastiani, è vero quello che dice Peppe?”

“Ho fatto quello che andava fatto. È vero che Pagliarone mi è stato molto vicino ma è anche vero che ho saputo investire e muovermi bene in un mondo che conoscevo poco, quello calcistico, ma usando i mezzi finanziari, settore nel quale, modestamente, sono un esperto.”

“E poi si è ritrovato con un Pescara in A e con una medaglia da cucire al petto…”

“Certo, anche se molti dicono che la promozione fu merito di Peppe che aveva portato Zeman…”
“Che lei poi ha cacciato…”

“Per forza, non mi faceva muovere liberamente sul mercato, voleva dei giocatori, ma io avevo capito che, per sopravvivere, dovevo appoggiarmi ad elementi del calcio nazionale importanti, puntare su prestiti da valorizzare, chiedendo compensi per la valorizzazione e puntare sulle plusvalenze come aveva fatto Sergio con la Lazio.”

“Dice Sergio Cragnotti?”

“Certo; da lui, indirettamente, ho imparato molto, così come da Moggi, che è un signore del calcio, nonostante abbia tanti denigratori”.

“Comunque, è indubbio che ha guadagnato molto con la Pescara calcio non investendo tutti i guadagni fatti con le varie operazioni.”

“Io sono un tecnico della finanza e bado ai soldi, i risultati sportivi non sono il mio punto di arrivo. Mi basta restare in B per poter gestire i vari movimenti e guadagnare soldi…”
“Però un pensiero al patrimonio calcistico…”

“Quello è cosa da tifosi, io sono un operatore della finanza e bado ai guadagni.”

“E’ per questo motivo che ha bruciato molti soci come Danilo e si è attorniato di piccoli yesman?”

“Danilo si è fatto fuori da solo, ho cercato di fargli capire la bontà delle mie azioni ma lui…”

“Ma che dici – sbotta Danilo – la tua maniera di gestire la società ha fatto scappare Peppe e non poteva trovarmi consenziente perché era davvero pericoloso il tuo modo di gestire la società. Poi mi avevi negato il rimborso di un bel gruzzolo che avevo dato come prestito alla società e con lo stesso sistema hai preso soldi da altri, come Marinelli che, per tacitarlo, lo hai fatto presidente onorario…”

Chiesi al signor Sebastiani: “Dice sempre che vuol lasciare a chi può garantire il futuro del Pescara ma fa sempre richieste molto alte…”

“Il fatto è che nessuno mi ha presentato delle offerte concrete.”

A questo punto interviene Oliveri: “Ma che dici. La verità è che il Pescara è la tua fonte di guadagno primaria e non te ne libererai fin quando ci sarà da spolpare. Ti ho chiesto quanto volevi e hai sparato delle cifre assurde, proprio perché non vuoi vendere…”

 Per chiudere ho chiesto a Sebastiani quanto ci fosse di vero sul fatto che lui ha comprato, con sue società di comodo, il Poggio e l’albergo Ekk, e che si fa pagare dalla Pescara calcio i relativi affitti…”

“Si dicono tante cose di me… che ho fatto investimenti in Sudamerica, che ho conti bancari all’estero, ma sono tutte sciocchezze…”

“Che ha una società a Londra per gestire operazioni finanziarie è vero?”

“Non è importante per il Delfino 1936”.

Il vino, intanto, è finito. La discussione resta accesa ma di spazio per riportare quanto detto non ne ho più. Però una idea ve la sarete fatta, non è vero?

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