“Tutto è perduto fuorché l’onore” è un aforisma famosissimo di rara bellezza consegnatoci dalla Storia.
“Tout est perdu fors l’honneur”, scrisse Francesco I di Valois, re di Francia, alla madre Luisa di Savoia la sera della disfatta di Pavia.
Sono le parole di un uomo sconfitto che esprime tutta la sua amarezza per la disfatta subìta, ma è anche la presa di coscienza di un monarca – il cui grande desiderio era quello di aumentare prestigio e potere e di essere custode gelosissimo dell’onore – che aveva perso tutto ciò per cui aveva combattuto.
Tutto, fuorché l’onore, che Aristotele considerava il più grande dei beni esteriori in quanto l’onore appartiene in senso proprio solo a ciò che è più elevato, e poi anche agli uomini più nobili e alle più belle azioni.
Il senso dell’onore è espressione della cultura del momento e quindi dell’evoluzione sociale: ogni società elabora un proprio senso dell’onore.
Un tempo l’onore era sinonimo di sacrificio in presenza di determinate situazioni di difficoltà proprie e altrui o di un atto eroico; oggi, tranne che qualche sporadica eccezione relativa ad atti di eroismo della gente comune, gli onori vengono riservati in genere al politico che diventa “onorevole” e agli apicali della nostra società.
Sulla base di questo principio ci si allontana sempre di più dall’antica consuetudine che premiava il sacrificio, l’atto eroico, le eccellenze culturali, ovvero tutto ciò che dava lustro all’umanità e non al potere personale.
Per il mercante pescarese, invece, l’aforisma è: NULLA E’ PERDUTO FUORCHE’ L’ONORE.
Infatti il Pescara ha la possibilità concreta di disputare i play off e, quindi, di andare in Serie B, se la squadra ricomincia a giocare seriamente. Quindi nulla è perduto.
Per ricominciare a giocare seriamente ci vuole una presa di coscienza da parte di tutti dal Ferguson al più umile dei collaboratori.
Poi, siccome i giocatori sono volubili e molto legati al dio denaro, chissà se il mercante sta studiando una possibilità di riconquistare l’onore calcistico di Pescara, che in questi giorni sembra definitivamente perso, istituendo un premio a traguardi raggiunti, in modo da svegliare le forze e le capacità dei suoi supervalutati campioni che ci stanno regalando amarezze e delusioni.
Il fatto è che parlare di onore ai nostri giorni è una delle cose più fuori moda che si possa immaginare. In parte questo è dovuto all’abuso e alla retorica che in passato sono stati fatti intorno al concetto di onore facendone uno slogan abbastanza vuoto, talvolta ridicolo, altre volte persino sinonimo di arretratezza culturale (il “delitto d’onore”) e di legami mafiosi (gli “uomini d’onore”) Ben diverso è il vero senso del termine onore che potremmo indicare nella credibilità e nella coscienza.
Avere onore significa essere persone che possono essere credute (sono persone credibili), sulle quali si può contare, che ci sono quando si è nel bisogno, che si rendono conto delle situazioni (la fiducia non viene data agli sciocchi o agli ottusi).
Essere persone credibili che meritano fiducia in un contesto culturale dominato più dall’apparire che dall’essere, dal virtuale più che dal reale, dall’immagine anziché dalla sostanza, non è cosa da poco. Nel famoso film “Blade Runner” viene prospettato un futuro in cui è molto difficile distinguere se gli interlocutori (e persino il personaggio principale) siano esseri umani o loro replicanti artificiali. E’ un futuro inquietante che sembra alludere ad un tempo in cui le macchine potranno prendere il posto degli uomini e svolgere meglio di loro molte funzioni. E’ una visione cupa dell’umanità ma bisogna anche riconoscere che certe volte già ai nostri giorni si incontrano persone che sembrano replicanti, piccoli burocrati senza cuore né cervello, incapaci di comprendere, di creare relazioni sincere e attendibili con altri esseri umani.
Essere persone credibili, meritevoli di fiducia, persone che vedano in questo il loro punto d’onore, l’aspetto più qualificante del loro essere uomini e donne significa rifiutarsi di diventare a nostra volta degli alieni, burocrati idioti, pedine anonime nel gioco della vita.