Uno dei più grandi compiti che ogni persona si trova ad affrontare nel corso della propria vita consiste nell’accettare il limite. Ma cosa si intende quando si parla di limite? Si tratta infatti di un concetto apparentemente semplice e di uso comune, ma che in realtà necessita di essere definito con chiarezza.
Con limite si intendono tutti quegli ostacoli che una persona incontra nel perseguire i propri bisogni e le proprie finalità.
Non sempre è possibile ottenere quello che si vuole. Anzi, l’esperienza della frustrazione è una costante nelle diverse situazioni della vita.
Un caso specifico di frustrazione è la sconfitta; si sperimenta quando un “qualcosa” o “qualcuno”, su cui puntavamo fiduciosi, viene a mancare.
La vera “soluzione” al problema del limite non risiede però nella rassegnazione e in un atteggiamento rinunciatario.
Piuttosto, si tratta di trovare un equilibrio tra l’accettare ciò che non può essere cambiato e invece essere attivi rispetto alle proprie finalità possibili. L’accettazione del limite, quindi, è caratterizzata, come ci insegna Gislon, da un equilibrio costruttivo tra passività e attività, collegato alle aspettative del passato, alle realizzazioni del presente e ai progetti per il futuro.
Venire a patti con le frustrazioni, trovare dei compromessi e iniziare a costruirsi dei percorsi di vita realistici…tutto questo caratterizza la maturità di una persona o di una società di calcio.
Sarebbe segno di maturità e di intelligenza non stare lì a chiosare sugli arbitri o suul centimetro in più o in meno del passaggio ma rendersi, consapevoli, che si può perdere contro una squadra più forte, come ha dimostrato di essere il Catanzaro, e rettificare alcuni errori e proseguire in una marcia di avvicinamento, in una posizione quanto più possibile positiva, per fare i play off e giocarsi la promozione.
Sarebbe cosa intelligente chiedersi dove erano i difensori ieri, cosa è successo al centrocampo che non aveva né idee per costruire né forza per arginare gli avversari, e, per finire che fine avevano ftto gli attaccanti.
Molli, passivi, succubi del Catanzaro che ha vinto senza impegnarsi allo spasimo vista la scioltezza con la quale riusciva a venire in sona tiro.
Queste sono le cose da studiare e da analizzare, non stare lì a crearsi alibi con l’arbitraggio che, in altre occasioni, ci è stato favorevole.
Non ho capito la “mollezza” fisica della squadra. Qualcuno ha voluto, stupidamente, dire che la presenza di un grande pubblico aveva fatto tremare le ginocchia a più di un giocatore... Se fosse vero dovremmo dire che il “dodicesimo uomo in campo” è solo una frottola inventata per dare soddisfazione al tifoso medio che vuole sentirsi, comunque, protagonista.
Un’altra cosa che non ho capito: che c’entrava lo striscione “«HÆC EST CIVITAS ATERNI PORTA APRUTII ET SERA REGNI» «Questa è la città di Aterno, porta degli Abruzzi e confine del Regno, con la Curva Nord e con il calcio?
Sarebbe stato molto più efficace chiedere con lo striscione a Sebastiani di non vendere giocatori a gennaio e, semmai, di prendere un difensore vero, un attaccante più concreto e, se possibile, un centrocampista capace di dettare i tempi delle giocate.
Comunque, non sempre le sconfitte sono dannose se riescono a farti ragionare sul perché della sconfitta stessa.
E questo sarebbe cosa intelligente.