Quando il giornalismo è in mano agli ignoranti, nel senso che ignorano le cose, per mancanza di cultura giornalistica e perché legati al loro cortile avuto in comodato gratuito dal padrone della struttura, e quando devono difendere le loro posizioni che nessuno paga ma che devono finanziarsi per poterle usare e, quindi, ricattabili dal padrone che fornisce utili amici compratori di spazi pubblicitari, è chiaro che il tutto finisce a puttane.
Antonio Gramsci esortava i giovani a: “Studiate , studiate, studiate e se vi resta del tempo libero studiate ancora” ma questi “giovani” (si fa per dire perché ormai anch’essi entrati nella età grigia) ignoranti, perché ignorano cose basilari e perché come background (retroterra) culturale hanno da proporre solo il diplomino raccattato in una scuola privata locale, e una serie di bocciature ogni volta che hanno cercato di mettere il naso fuori dal cortile, ogni tanto alzano i loro ragli.
In buona sostanza questi rauchi tentativi, emessi per far sentire che, in qualche modo, sono vivi, non meriterebbero alcuna risposta (un orecchio sordo quante bocche chiude), ma siccome l’arroganza degli ignoranti deve essere subito punita, altrimenti pensano di poter aumentare il tono del raglio, e credono di poter essere al di sopra di certi valori, è bene ricordare loro che il giornalismo è ben altra cosa dal fare salotto in doppiopetto blu con cravatta regimental.
Che delusione il giornalismo pescarese. Esiste una qualche forma di indipendenza di pensiero? Sembrerebbe proprio di no. Quanto meno se si ascoltano i volti più ricorrenti (per darsi un tono si dicono opinionisti, un termine che inventai da Tele9 tanti anni fa per differenziare i giornalisti dai signori che invitavo in TV a parlare di calcio), che si avvicendano negli inconcludenti raduni televisivi promossi dai talk show di prima serata con elenchi preparati di interventi televisivi e con domande preconfezionate e avallate dal padrone di turno.
Esiste nelle tv pescaresi un conformismo preoccupante che non lascia spazio alla creazione di opinioni libere da condizionamenti del padrone. Il dibattito è appiattito su assunti precostituiti. Ma il calcio è il calcio e il giornalismo è giornalismo.
Con l’avvento dei social media ognuno di noi può raccontare, fotografare, condividere informazioni. Siamo tutti “Citizen journalist” nel momento in cui narriamo attraverso i social media un fatto pubblico. Il ruolo del giornalista è ancora presente ma in stretto ascolto con le comunità di riferimento, producendo, selezionando e curando notizie in modo accurato e indipendente.
Certo, indipendente. Ma questa è diventata a Pescara solo una parola. Indipendenza, cioè capacità di sussistere e di operare in base a principi di assoluta autonomia.
Ma quale autonomia di pensiero possono garantire personaggi che, per poter trasmettere, devono pagarsi lo spazio televisivo e quei soldi vengono assicurati, spesso, dal padrone che dovrebbe essere “giudicato”?
Talvolta, chi resta in silenzio di fronte alle offese, all’invidia o alle provocazioni dell’ignorante di turno, non lo fa per mancanza di argomentazioni o di coraggio: in realtà, quando parla l’ignoranza, l’intelligenza tace, ride e si allontana.
Chiarisco a cosa mi riferisco quando parlo di ignoranza calcistica. Non parlo di mancanza di cultura o di conoscenza in assoluto ma della mancanza di empatia e di sensibilità per potersi mettere nei panni di chi, in mancanza di concrete espressioni di critica pensa di sputare sentenze puntando sull’anagrafe e ti definisce “vecchio”.
Un atteggiamento che il “giovane” ignorante assume denunciando l’assenza di civismo di cui tutti, in qualche momento della vita, sono stati vittima.