Inutile girarci attorno: all’inizio il Pescara non ha avuto un buon impatto alla partita. Il primo quarto d'ora l'Entella ha dato l'impressione di poter portare a casa facilmente il match. Nella ripresa è cambiato tutto. Dopo il rigore fallito da Lescano, nel secondo tempo è entrata in campo una squadra trasformata, vogliosa di rifarsi, raggiungere il pareggio e magari vincerla. Una determinazione che si è vista ancora di più dopo l'espulsione dell'italoargentino. Una determinazione che chiamo il “carattere zemaniano”.
Infatti, quando il Pescara è rimasto in dieci, qualsiasi altra squadra, avrebbe gestito il pareggio per evitare guai maggiori. Invece Zeman ha chiesto ed ottenuto dai suoi giocatori di continuare a pressare e a spingere per arrivare a vincere la partita. Per assurdo il Pescara migliore si è visto quando ha giocato in dieci ma, soprattutto, quando il centrocampo è diventato più solido con Mora e Aloi.
Una vittoria, questa, che lascia grosse possibilità per l’incontro di mercoledì quando le due squadre dovranno tener conto di molte assenze, e per il Pescara è importante avere due risultati a disposizione, anche se, ne siamo certi, Zeman continuerà a chiedere alla squadra di non fare “i contabili” ma di correre e lottare su ogni pallone per vincere la gara.
Del resto, a fine gara, mentre tutti esultavano per l vittoria insperata, il “Maestro” ha confermato di non essere molto soddisfatto perché “la squadra può fare di più e giocare meglio.”
Questo è il “carattere zemaniano” che rappresenta il valore aggiunto di una formazione che, inutile ripeterlo, ormai, continua a presentare delle “lacune” tattiche che Zeman sta cercando di eliminare insegnando i movimenti ai vari giocatori. Qualcuno ha assimilato presto e bene, qualche altro fa ancor fatica ma è sulla buona strada; alcuni, invece, non riescono proprio a capire le giocate che vorrebbe il mister, ed è questo il motivo per cui, settimane fa, scrivevo: “Mi auguro che Zeman abbia il tempo necessario per far capire e praticare il gioco secondo la sua visione del calcio che poi si estrinseca in: Si deve giocare con la zona, in particolare la zona pressing, cioè quella in cui non si coprono semplicemente gli spazi ma si va a disturbare il possesso avversario, una difesa attiva. IL tutto arricchito da una preparazione atletica sfiancante, modulo di gioco rigido con combinazioni provate in allenamento fino allo sfinimento, e una particolare attenzione per la creazione della superiorità numerica sulle fasce, con le sovrapposizioni continue dei terzini.
Zeman giustificava tali metodi sostenendo che in assenza di qualità serviva almeno la quantità e, con una buona predisposizione alla corsa, arrivare primi sul pallone e annullare la superiorità tecnica dell’avversario.
Per Zeman il triangolo rappresenta l’elemento geometrico principale delle combinazioni calcistiche – tanto che ogni altro momento di gioco può essere suddiviso in più triangoli. Si tratta in sostanza di triangoli posizionali, che il boemo chiama però «terziglie», e che sono più comprensibili considerandoli su una fascia del campo. Una terziglia è la combinazione (normalmente chiamata catena di fascia) di tre giocatori, che idealmente dovrebbero sempre giocare a due tocchi, mantenendo allo stesso tempo una distanza costante, per occupare corridoi di gioco differenti: l’ala d’attacco si allarga sulla fascia creando spazio per la sovrapposizione del terzino, mentre la mezzala di riferimento occupa uno spazio di mezzo. La terziglia che ha reso Zeman così popolare è quella offensiva: il tridente offensivo sempre posizionato a triangolo, di solito con un attaccante al vertice basso e due che attaccano la porta, con scambi di posizione continui e tagli alle spalle dei difensori come movimento primario. Le possibili combinazioni legate a questo posizionamento geometrico sono innumerevoli, e hanno permesso a Zeman di elaborare continuamente nuovi schemi, insegnati in modo ossessivo ai suoi giocatori per essere eseguiti nei tempi più rapidi possibili. La velocità di esecuzione e le disposizioni degli attaccanti sul campo ricordano in certi casi gli schemi della pallamano, e ancora meglio della pallavolo, entrambi sport ben noti a Zeman.
La visione zemaniana del calcio si basa sul movimento continuo e la velocità delle combinazioni: per Zeman il calcio è un gioco di movimenti senza palla, in cui la tecnica non basta, perché ogni giocatore gioca il pallone per pochi minuti nel totale di una gara, ed è importante che sappia cosa fare per tutto il resto di una partita.
Quella di Zeman è una interpretazione del gioco puramente offensiva: il pallone deve passare immediatamente all’attacco – è infatti un calcio di verticalizzazioni vertiginose e continue, di cui solo il regista conosce davvero tutte le chiavi.
Il calcio di Zeman si è sempre caratterizzato per un grande problema: alla facilità di segnare ha sempre corrisposto un’altrettanta grande facilità di subire gol. Le radici di questa difficoltà non affondano nell’idea che l’attacco sia la miglior difesa: nel calcio moderno ormai le fasi offensiva e difensiva si uniscono in un abbraccio costante, con le sole transizioni a delineare i momenti di passaggio. Il problema dei princìpi difensivi di Zeman risiede tutto nella fede assoluta in una difesa altissima, spesso a centrocampo, persino a palla scoperta (quando cioè il giocatore in possesso non è pressato); nonché nella scelta di posizionare un numero esiguo di giocatori in marcatura preventiva – quelli che, al di sotto della linea del pallone, marcano già gli avversari anche se il possesso è ancora della propria squadra. Con la linea difensiva a centrocampo – perché bisogna accorciare il campo in verticale – emergono delle praterie inimmaginabili per gli attacchi avversari, tanto più in un campionato tradizionalmente speculativo come quello italiano.
Insomma, senza inoltrarmi troppo in una disquisizione tecnico - tattica, il calcio di Zeman è diverso: o lo ami e lo sostieni o lo critichi e lo accusi di non sapersi difendere.
Personalmente, da innamorato del calcio, apprezzo al massimo livello il lavoro del Maestro.