Siamo primi, sei punti in due partite, a questo punto non conta tanto giocare bene quanto vincere, se vinci non ti importa se giochi male. Se i tifosi accettano questa filosofia non possono che essere soddisfatti e felici. Analizzando, però, la partita di Carrara siamo d’accordo con Auteri che con molta onestà critica dice: "Complessivamente la vittoria è stata meritata, abbiamo sempre cercato di fare la partita. Abbiamo giocato un primo tempo importante ma commettendo troppi errori, dando coraggio a loro. Faceva caldo, siamo all'inizio, non è facile tenere i ritmi che dobbiamo tenere. Questi punti ce li prendiamo perché sono meritati a parte alcuni episodi, come la loro traversa iniziale, ma noi dobbiamo crescere, di margini ne abbiamo tanti. Rivedremo questa partita perché tante cose devono andare meglio".

Questo è il punto: nelle due partite il Pescara ha fatto troppi errori. Inoltre anche il far scendere in campo tantissimi giocatori nelle due partite non può essere giustificato solo con il caldo. Auteri deve convincersi di fare una squadra nella quale immettere, secondo necessità, uno o due elementi. Così facendo, invece, non dà sicurezze e si ha l’impressione che “sparpagliando” sul campo molti giocatori alla fine qualcosa uscirà fuori... I sei punti, al momento, gli danno ragione, così come, la vittoria, fa passare in secondo piano l’errore di far tirare un rigore importante al giovane Pompetti.

Auteri dice che lo hanno deciso i giocator in campo... Un modo come un altro per scaricarsi dalla responsabilità. E se quel rigore sbagliato fosse costata la vittoria e bloccato il Pescara sul pari? Di solito i rigoristi sono i giocatori più esperti e dal piede buono. Visto che lui considera Galano “fuori contesto” perché non Memushaj?

Comunque le vittorie cancellano le critiche.

Il mio modo di intendere il giornalismo non sempre è accettato dai diretti interessati, ma è opportuno fare le critiche soprattutto quando si è “felici” per una vittoria comunque acquisita.

Non tutti reagiamo alla stessa maniera quando ci criticano. Infatti, un 70% non incasserebbe bene la critica e si sentirebbe ferito. Il 20% la rifiuterebbe, negandola, e solo un 10% reagirebbe in maniera positiva, interiorizzandola, chiedendosi se debba cambiare qualcosa a questo proposito.

Il motivo per cui le critiche ci colpiscono in questa maniera è tutto sommato semplice. Si tratta di un problema d'insicurezza e bassa autostima.

La mancanza di autostima non è un problema di per sé, se non la conseguenza di altri problemi. In questa maniera, uno stato spirituale e mentale difficile ci portano ad avere una cattiva immagine personale e, quando una persona non sta bene con se stessa, respinge, si nasconde o si nega alle critiche che fanno gli altri.

Sarebbe utile rendersi conto che il giornalista che critica non critica il giocatore o l’allenatore ma l'immagine che essi propongono.  

Nel momento in cui la persona sa gestire i suoi problemi con sicurezza in se stessa, saprà fare la differenza tra la persona e il giocatore e quindi convertirà i suoi limiti, trasformandoli in punti forti. Al contrario, quando il giocatore è insicuro, sulla difensiva o che risponde male alle critiche, la reazione è evidentemente negativa, il che non fa altro che peggiorare la sua autostima.

È per questo che un giornalista coscienzioso non deve smettere di criticare un comportamento o un lavoro fatto non in modo appropriato solo perché la persona sta passando un momento di poca fiducia in se stessa.  Il paternalismo confermerebbe la percezione negativa e non sarebbe di aiuto nella crescita del giocatore o della squadra se il discorso riguarda tutto il complesso.

Ed è solo questo il motivo per cui un tifoso esulta (giustamente) perché la sua squadra ha vinto senza fregarsene del come, ma il cronista professionalmente sicuro (giustamente) deve analizzare non sotto l’umoralità derivante dalla vittoria ma sulla base di ciò che è accaduto nei novanta e passa minuti sul campo.  

   

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