Nel 1971 mi sposai all’Aquila con Silvia, avevo 21 anni e subito, con l’apertura di un negozio articoli sportivi, mi diedi ad organizzare una mia società di calcio giovanile, “La Lussosport”, con la quale vinsi, con i miei campioncini, tutto ciò che era possibile vincere. Mi dedicai anche alla pallacanestro e alla pallavolo, sempre come organizzatore di tornei cittadini.
Senza peccare di presunzione, posso ben dire, anche a distanza di tanti decenni, che riuscii a svegliare un ambiente cittadino e a coinvolgere decine e decine di giovani che ancora oggi (nel 2024) mi scrivono ricordando quegli anni di esaltazione sportiva.
Appassionato di sport e avendo cominciato la mia attività di giornalista con Il Messaggero, in poco tempo mi ritrovai a dover fare delle scelte: fare il commerciante o seguire la mia passione per il giornalismo?
Vinse la seconda possibilità di vita che scelsi con grande impegno e d entusiasmo.
L’attività giornalistica mi mise subito a contatto con il rugby. Un mondo nuovo, per me, nato e cresciuto per anni nel mondo del calcio e avevo anche giocato con la Tiburfuoco di Pescara dei fratelli Nait nel ruolo di portiere con buon i risultati. Ma il matrimonio prima, e la nuova attività poi, mi tennero lontano dallo sport praticato e mi lasciai come valvola di sfogo fisico, che è durata anni, il tennis che, allievo di Marino Bon, un vero guru del tennis, dopo che era stato per anni un eccellente calciatore nell’Aquila Calcio, imparai a giocare sotto la sua guida a dignitosi livelli.
Ma il vero colpo di fulmine fu l’incontro con il rugby e con i rugbysti.
Cercai di documentarmi, anche perché dovevo scrivere delle note sportive su questa disciplina e mi avvalsi dell’amicizia e della pazienza di Del Grande, allenatore e giocatore dei neroverdi, per cominciare a conoscere la realtà di questa disciplina che mi ha conquistato totalmente.
Insieme a Bruno Vespa, che collaborava con il quotidiano Il Tempo, seguii momento per momento la conquista del primo scudetto tricolore degli aquilani.
Inutile dire che, negli anni, ero diventato “padrone” del gioco e il successo dell’Aquila Rugby poteva diventare anche il mio successo personale giornalistico entrando in Rai.
In poche parole, il presidente onorario della società On. Lorenzo Natali, nel corso della cena di festeggiamenti convocò Bruno e me e disse che, per premiarci per il gran lavoro svolto a favore dell’Aquila Rugby, ci dava la concreta opportunità di partecipare al primo concorso Rai per giornalisti professionisti.
Una gioia immensa che venne spenta da ia moglie Silvia che, giustamente mi fece notate che il Corso sarebbe durato per mesi con impegno quotidiano a Roma e che l’avrei lasciata sola, anche se i miei genitori vivevano con noi, con i nostri figli.
L’indomani sarei dovuto partire con Bruno e, gli dissi che non potevo accettare, anche se a malincuore, quel prezioso dono del Ministro Natali.
Lui partì e ha fatto quella prestigiosa carriera che lo ha contraddistinto negli anni ed io sono rimasto all’Aquila.
Avendo studiato e imparato molto sul rugby, una disciplina alla quale avevo anche dedicato dei volumi, fu naturale che crescessero i miei impegni giornalistici anche a livello della Nazionale Azzurra.
In breve divenni il punto di riferimento giornalistico per il rugby e cominciai a fare servizi di ampio respiro tecnico.
In uno di quei periodi fui inviato a seguire il Rugby e a raccontare i suoi valori organizzativi e tecnici nella Gran Bretagna e, quindi feci reportage dall’Inghilterra, Scozia, Irlanda e Galles.
Ebbi incontri con dirigenti, giornalisti, autentici campioni e da tutti cercavo di apprendere sempre più le dinamiche e la filosofia, direi, della pallaovale.
Il rugby è uno sport che mette continuamente in relazione l’istinto e la razionalità. Fin dagli esordi, attraverso le gesta epiche degli sportivi, i verdi prati del mondo del rugby hanno richiamato le sfere celesti della filosofia e della letteratura. Non sempre quest’ultime hanno risposto alle sollecitazioni della palla ovale e dello sport in generale, benché già nella Grecia antica Pindaro insegnò la strada della narrazione sportiva. Nel mio piccolo cercai di dare un contributo scrivendo centinaia di articoli su riviste internazionali e pubblicando vari libri sui temi della pallaovale.
In quegli anni, tornato a Pescara su richiesta della redazione locale del Messaggero, diretta da Manlio Masci, per frenare il successo iniziale di “Il resto del Carlino”, mi trasferii da Londra e abbinai all’attività giornalistica quella di universitario, ancora una volta, e mi laureali in Lingue e Letterature straniere con una tesi sul Rugby prendendo in esame il libro “The Sporting life” di David Storey, che fu poi portato sugli schermi con il titolo “Il campione” con Richard Harris.
Il giornalismo fatto a Pescara, mia città di nascita, la conoscenza di una collega, Rita, che poi sposai in seconde nozze, mi fecero decidere di tornare nel mondo del calcio e da allora sono rimasto nella mia Pescara avendo modo di scrivere altri libri, questa volta, sul calcio, di creare un mio settimanale sportivo “7Giorni7”, una radio, 7G7, divenuta poi Radio Lussoso, con la quale feci centinaia di radiocronache meritando a Montecatini il titolo di miglior radiocronista italiano delle Radio private...
Insomma, tutto questo ricordare le mie esperienze giornalistiche nel mondo della pallaovale, perché volendo arrivare in tempo all’incontro presso il Bar Napoli con Tonino, che festeggia oggi il suo compleanno, ho preso dall’armadio la prima maglia che mi è capitata. Mi fu regalata da un vero campione, Moss Keane.
Emidio Creati, che ha sempre il dito elettrico sulle sue macchine fotografiche, notando una maglia particolare, ha voluto scattare questa foto che terrò come caro ricordo di un periodo in cui vivevo il vero rugby.
Concludo con una frase di Richard Burton: Il rugby è un gioco per gentiluomini di tutte le classi sociali ma non lo è per un cattivo sportivo, a qualsiasi classe appartenga.”