Troppo spesso gli stereotipi, sotto forma d’immagini, pensieri o semplici parole, imprigionano la nostra mente all’interno di una gabbia. Per fuggire da essa, anziché provare ad aprirla e, semplicemente, volare via, preferiamo inconsciamente rappresentarcela dorata e farci così proteggere da essa. In tal modo ci illudiamo che quella sia la migliore delle ipotesi possibili per una vita felice. E’ la sindrome del canarino, che nasce e muore prigioniero, convinto di essere libero. Questo racconto che vi apprestate a leggere, un romanzo palesemente autobiografico, descrive solo in apparenza il tramonto di un’esistenza, quella del suo autore, Gianni Lussoso, mirabilmente narrata senza troppe remore, così come dev’essere una vera confessione, sincera e cruda. La mia personale chiave di lettura, che molto umilmente mi appresto a consegnare a voi lettori, consiste nel non considerare il tramonto, espressione, in maniera fin troppo stereotipata, associata alla “fine” di un tempo, triste e malinconico, ma al preludio di una nuova alba, si spera solare, calda e consolatoria, che stimoli nuovi obiettivi, con rinnovata energia. La vita interiorizzata non come un’immaginaria linea retta, ma come un cerchio, anzi, infiniti cerchi, che giorno dopo giorno, grazie alle nostre esperienze, possiamo rendere sempre più gradevoli da percorrere.
Il titolo, “Dove sei?”, è una domanda diretta rivolta a Dio, non necessariamente quello della tradizione cattolica, cui l’autore orienta spesso le sue preghiere. Ognuno di noi, per quanto magari laico, ateo, agnostico o seguace di qualsiasi credo religioso, nei momenti più difficili del proprio circolo vitale, inevitabilmente si trova solo con se stesso e la propria personale fede, cui chiedere risposte, che spesso mancano, ma alle quali aneliamo similmente con forte desiderio. Non c’è mai rabbia, nell’immaginario dialogo che lo scrittore, attraversando e descrivendo alcune fasi cruciali della propria esistenza terrena, di tanto in tanto riprende con il suo Creatore. Quella collera che in genere siamo abituati a urlare rivolti al cielo, quando le difficoltà della vita ci appaiono così insopportabili, da non trovare altro scampo che attribuirne la colpa a “Dio” o chi per lui, in questo racconto è invece traslata, con serena eloquenza, dalle parole scritte, verso la mente del lettore, cui giunge un mirabile messaggio di amore e di speranza.
Così come questo “strano” 2020, che tutti noi ricorderemo a lungo, spesso il fato ha concesso alla Storia, anni destinati, in qualche modo, a rappresentare una svolta per tutta l’umanità o anche solo una parte di essa. L’autore focalizza la sua attenzione, ad esempio, sul 1956, quando ancorché sedicenne inizia un percorso che lo porterà, in breve, verso quella maturità, tanto ambita da ogni ragazzo, quanto, in seguito, rimpianta da adulto. Lo fa dialogando con il padre e affrontando con lui parecchi temi basilari, quali la religione, la paura di morire, il futuro professionale, l’amore e ogni altro possibile sentimento. Un’annata ricca di cambiamenti importanti: l’inizio della crisi del Comunismo, all’epoca sicuramente non del tutto acclarata, in primis. Quando, durante il XX Congresso del PCUS, a febbraio, Nikita Kruscev denuncia pubblicamente i crimini di Stalin, quell’ideologia ritenuta fino a quel momento sinonimo di equità e libertà, inizia a vacillare. Probabilmente quel 1956, spesso ricordato con l’immagine dei carri armati sovietici che invadono l’Ungheria il 4 novembre, per sedare i moti rivoluzionari, è stato un crocevia fondamentale più di quanto non sia stato il “mitico” 1968. Quest’ultimo, per il nostro autore, considerato della svolta lavorativa, come avrete modo di scoprire. Da inviato a Londra, improvvisamente ritorna nella natia Pescara, con l’incarico di responsabile sportivo de Il Messaggero. La città e la sua squadra di calcio che, come tatuaggi indelebili, lo accompagneranno da allora e per sempre.
Il fulcro del racconto, a volte interrotto da un abile mixaggio religioso-filosofico applicato agli eventi negativi della vita, è però incentrato sulle proprie vicende sentimentali e professionali, entrambe accomunate da scelte sofferte, condizionate più dagli stati d’animo del momento, che dalla logica. Guidato dalle passioni, armi a doppio taglio che hanno da sempre infuocato il suo animo, l’autore si erge a protagonista, con decisioni che condizioneranno, anche drammaticamente, non solo se stesso, ma anche e soprattutto i suoi affetti, a volte letteralmente sopraffatti dalla voracità nei confronti della vita, alla quale sembra incapace di sottrarsi. Partendo da quelli che egli stesso considera come errori, cui, se potesse, vorrebbe oggi rimediare, il nostro protagonista ci conduce implicitamente nei meandri di un percorso che ribalta concetti ormai acquisiti, ma che tali sono solo nella nostra mente, giacché “scolasticamente” inculcatici. E’ sufficiente cambiare il punto di osservazione per visualizzare una realtà quasi del tutto contrapposta a quella che ci era stata presentata.
Messosi a nudo, senza imbarazzo né superbia alcuna, l’autore riesce nel non facile intento di trasmetterci quella complicità affettiva e intellettiva, che ogni potenziale lettore, quando acquista un testo, ambisce a scoprire. Non possiamo negare che sfogliando le pagine di un libro, ognuno di noi desidera inconsciamente trovare delle chiavi di lettura per riversare su esso almeno una parte di ciò che siamo o vorremmo essere. Ebbene, a mio avviso Gianni Lussoso anche stavolta è riuscito in questo intento, mediando abilmente fra le proprie esperienze di vita vissuta e quelle che avrebbe sperato accadessero, proprio come capita, piaccia o no, davvero a chiunque.
Condivido con l’autore, come avrete modo di leggere, la promessa per l’immediato futuro, post Covid-19, di ritrovare il gusto e il senso della vita anche attraverso gli abbracci e i contatti, si auspica non più solo virtuali, con le persone più care. Nell’attesa di ciò, consoliamoci amabilmente con la lettura di questo splendido volume, perché come scriveva Ennio Flaiano: “Un libro sogna. Il libro è l’unico oggetto inanimato che possa avere sogni”.