Da vecchio tifoso del Pescara e da altrettanto datato giornalista che segue il Pescara da sempre e che per esso ha scritto migliaia di articoli e pubblicato decine di libri, vedere lo stadio semivuoto, con i “distinti” vuoti ed una curva Nord con poche decine di presenze coraggiose, mi ha preso un tale scoramento da non farmi gioire nemmeno troppo per la prova offerta e per la vittoria.
Sul piano tecnico siamo sempre lì, prendere due reti da un gruppo di ragazzini della Primavera del Montevarchi e confermarsi come una delle peggiori difese del torneo, ritrovarci ancora appaiati con l’Ancona a ben sedici (dico sedici) punti dal tandem di testa e sentire Auteri che dice: "Abbiamo fatto una buona gara, commettendo due errori nei gol subiti, anche se poi abbiamo sempre chiuso bene dal punto di vista difensivo” per poi aggiungere che faremo meglio del girone di andata, mi ritrovo perplesso a pensare se le persone “connettono” il cervello prima di parlare e se lui si è reso conto che nelle due partite del girone di ritorno abbiamo già perso due punti in classifica.
Stavo per riprendermi quando mi capita di ascoltare, il presidente che, convinto, ci dice di ringraziare Dio perché se siamo in C è solo perché lui è qui... altrimenti non saremmo più nel calcio.
Ho l’impressione che questo signore sia colpito da delirio di onnipotenza che è un disturbo caratterizzato da comportamenti socialmente inappropriati e bizzarri. Inoltre, con una faccia tosta mai riscontrata in ottanta anni nelle migliaia di persone incontrate e frequentate nel mondo del calcio, fa affermazioni che avrebbero fatto crepare dal ridere qualunque intervistatore e che invece hanno il contorno del sussiego del reggitore di microfono che, con quel distacco altero da antica nobiltà che, oltre ai colori della calma fredda e solenne, ha le sfumature della boria, della presunzione e dell’orgoglio di essere l’unico considerato degno di reggere il microfono a cotanto ingegno calcistico, e che quindi avallano il fiume di “cazzate” elargite per accontentare il tifoso.
Invece di parlare dei sedici punti di distacco, della massa bruciata dei tifosi biancazzurri che hanno fatto, in alcuni momenti peculiari, la storia del Pescara, ci dice che ha invitato duecento cinesini con la speranza di trovare tra di essi il nuovo Verratti per continuare ad impinguare le sue personali casse.
Non dice a che servono le decine di società costituite, una anche a Londra, per gestire gli eventi calcistici, e non spiega perché ne ha bisogno pur avendo la Delfino Pescara 1936 SpA.
Con la collaborazione servile di alcuni operatori della informazione è riuscito ad addormentare le coscienze di molti tifosi che cominciano a credere davvero di dover pregare Dio se abbiamo la Serie C, e cominciano a sperare che lu, il migliore, non lasci più il Pescara altrimenti il calcio finirà da queste parti.
Nessuno che dica che prima di lasciare dovrebbe rimettere in sesto le casse sociali oberate di debiti.
Nessuno che dica come mai con dei bilanci sotto inchiesta giudiziaria pretenda di scegliere a chi lasciare il Pescara, perché solo lui capace di capire chi può essere il degno successore.
Nessuno che gli chieda con quali titoli pretenda di cedere la società lasciandosi però tre anni di consulenza, naturalmente pagata... Qui non si tratta più di delirio di onnipotenza ma di qualcosa di più serio che avrebbe bisogno di cure serie.
“L’atteggiamento di accontentarsi (santosha) dà origine alla felicità, alla calma mentale e alla soddisfazione”.
E questo pretende Sebastiani: che il tifoso si accontenti, sia felice di quello che ha e che ringrazi chi glielo permette e sia anche soddisfatto di averlo preso nel culo.