Quando si forma una squadra bisognerebbe che il tecnico dicesse la sua sugli acquisti e sulle cessioni e la squadra venisse modellata secondo i suoi desideri e secondo le necessità che lui trova utile soddisfare. Come dire, inutile che si parli di moduli se non hai i giocatori adatti per quel modulo. Ed ecco, allora, il rapporto deciso tra allenatore e settore tecnico per far sì che, sulla base degli elementi già della società si acquistino quelle tre, quattro pedine per completare l’organico dando equilibrio alla squadra che sta per crescere.
Se gli acquisti e le cessioni sono fatti, non in base a necessità tecniche, ma solo per soddisfare esigenze mercantili, tutto il discorso va a farsi benedire.
Tanti sono i moduli tattici: il 3-5-2 resta uno dei moduli più completi ed efficaci. L'impostazione è molto difensiva, con tre difensori centrali e due centrocampisti difensivi centrali. La protezione è tutta al centro, quindi servono anche due centrocampisti sulle fasce in grado di contrastare le ali grazie a buoni attributi difensivi.
Il 4-2-4 si è rivelato una delle scelte più gettonate dagli allenatori. Si tratta di un modulo offensivo, con due ali che danno supporto a due attaccanti, quindi occhio a schierare giocatori di un certo livello in quella posizione. Passaggi veloci e dribbling d'assalto, inoltre, sono fondamentali per trarre il massimo da questo modulo. Il punto debole, ovviamente, è il centrocampo, con solo due centrocampisti a proteggerlo, quindi serve lavoro e fatica extra da parte loro.
Il 4-3-2-1 (conosciuto come “Alberto di Natale”) offre pochi compromessi a chi punta all'attacco frontale. Dietro la punta (possibilmente una macchina da gol), servono giocatori veloci, necessari per creare quante più occasioni possibili. L'unico problema è che le fasce non sono molto coperte, quindi tutto il carico della protezione ricade sui difensori.
Il classico 4-4-2 è sempre molto efficace. Importante è schierare centrocampisti esterni di livello, in quanto richiedono velocità e buoni valori offensivi per supportare al meglio l'attacco. Nelle retrovie c'è l'imbarazzo della scelta, con due CDC (devono però essere dotati di elevata resistenza) a coprire ben quattro difensori, mentre davanti servono attaccanti versatili, sprovvisti come sono di aiuto dal centro.
Oddo parla di gioco d’attacco e fa intuire che gli piacerebbe continuare sulla scia di Zeman con un 4-3-3.
Tagli e sovrapposizioni sono le chiavi per aprire lo scrigno dei segreti del 4-3-3 in fase offensiva. Un solo uomo al comando per quanto riguarda l’interpretazione d’attacco di questo assetto: Zdenek Zeman, qualcosa di più di un profeta del 4-3-3. Come lui, nessuno mai, per quanto riguarda la preparazione della fase offensiva: lo sostiene chi ha lavorato alle sue dipendenze o semplicemente chi lo ha osservato sul campo. Leggenda o verità, i numeri parlano: col boemo, tranne qualche rarissima eccezione, gli attaccanti si divertono parecchio. Per informazioni, chiedere a Beppe Signori o Gigi Casiraghi, Mirko Vucinic o Ciro Immobile. Ma anche, tra i meno noti, a Fabio Vignaroli: 49 gol totali in carriera, 26 dei quali realizzati in un anno e mezzo con Zeman alla Salernitana.
Innanzitutto, la scelta iniziale del 4-3-3 è dovuta al fatto si tratta del modulo che offre una copertura più omogenea e spesso più equilibrata del terreno di gioco. In più, se interpretato correttamente a livello di movimenti, è quello che assicura il maggior numero di soluzioni combinate per il portatore di palla: almeno tre passaggi teoricamente sempre disponibili, come raccontò con un disegno diventato celebre anche Josè Mourinho ai tempi del Porto.
La caratteristica imprescindibile per gli interpreti del 4-3-3, o per lo meno di quelli utilizzati sulle catene esterne, è una notevole capacità aerobica. Ritmi elevati perché è proprio la velocità di esecuzione ciò che contraddistingue questo tipo di assetto: qui la creatività pura è sacrificata in nome della ripetitività, della standardizzazione dei movimenti.
Una concezione che estremizza il primato del collettivo sul singolo: il concetto di fondo è che la squadra non dovrebbe subire ripercussioni dall’assenza di un interprete. Chi subentra è perfettamente in grado di replicare gli stessi movimenti, per quanto poi talento e tecnica individuale marchino una distanza netta tra i singoli e generino in ultima analisi lo standard di rendimento della squadra.
Un modulo in questo senso anche di grande sacrificio: non è un caso che Zeman si sia esaltato in realtà medio piccole e abbia spesso fallito l’appuntamento con le grandi piazze. Del resto, solo chi ha fame si presta a un modulo dispendioso come il 4-3-3.
Senza egoismi, come impone il modulo con la sua filosofia di base: le parti per il tutto, il singolo al servizio del collettivo. Senza il movimento coordinato di tutta la squadra, anche dei componenti apparentemente meno coinvolti dall’azione contingente, il 4-3-3 è un meccanismo di gioco facilmente leggibile. Ma quando “suonato” da un’orchestra in armonia, i guai sono tutti per gli avversari.