Cui prodest? A chi giova fare tanto consumo di parole senza definire certe verità che tali sono? Possibile che si continui da mesi a farfugliare attorno alle plusvalenze senza capire o far capire che un conto sono quelle fittizie, che sono delle truffe pure e semplici, poste in essere da presidenti malfattori che hanno sistemato i loro bilanci a spese dei colleghi che hanno operato in piena legalità e a spese dello Stato?
A chi giova? Presto detto. Giova ai cialtroni che continuando a rimestare nel torbido continuano imperterriti a fare i loro porci comodi.
Chi delinque cerca di aumentare il gruppo in modo che se tutti sono colpevoli, nessuno è colpevole. Ma non è così. Ci sono società che hanno operato con plusvalenze legali e che, quindi, devono essere tutelate.
Qualche beota, ce ne sono ancora in giro, pochi per grazia di Dio, dice: ma il presidente è il padrone e può fare quello che vuole. Non è vero assolutamente perché tutti gli studiosi delle società affermano che quella calcistica è una società atipica e che non può essere giudicata e vista come una normale SpA. Rappresenta la città e, con essa, tutti i cittadini, anche coloro che non sono tifosi.
Quando un presidente, per la sua attività, sceglie di gestire ben quattordici società a responsabilità limitata a lui ricollegabili, come fa a nascondere che si tratta di scatole cinesi per coprire delle malefatte?
Quando un presidente, che parte con una esperienza di fallimenti sulle spalle e si ritrova a gestire una società calcistica e questa è piena di debiti, nonostante operazioni milionarie all’attivo, mentre lui è pieno di euro, come si fa a dire che è il padrone e può fare come vuole?
Quando ero ragazzo mi veniva detto che, per capire una persona, bisognerebbe mangiarci insieme un chilo di sale... Non avendo la possibilità di farlo, per tentare di capire una persona cerco di utilizzare la fisiognomica (che dai tratti del viso fa capire i caratteri dell’uomo) e se vedo una persona che parla guardando in basso e mai dalla parte tua, che ha il taglio della bocca serrato e con labbra sfuggenti e piegate ad arco rivolte in basso, comincio a mantenere le distanze. Se poi la stessa persona, parlando, usa toni fuori ritmo e ben si sa che è il tono che fa la musica, e quindi le sue parole stridono, aumento ancora di più la distanza.
Un tifoso, naturalmente di parte, mi dice: ti leggo (usano tutti il tu confidenzialmente chissà perché) e mi chiedo perché ti interessano i fatti personali del presidente. Dovresti scrivere solo di calcio e non dei problemi societari che sono fatti suoi che è il padrone.
Ero tentato di darle una risposta, poi ho capito che sarebbe stato tempo perso, come un correre dietro il vento, perché chi non vuol vedere non vedrà mai e chi non vuol capire non capirà mai.
Prima di tutto il presidente non è il padrone dello spirito calcistico di una città che deve essere sempre rispettato. Secondo il presidente deve rispettare delle regole ben precise e non evitare di farlo solo perché altri lo fanno.
Poi, ed è la cosa più importante, un giornalista libero da collusioni e connivenze di vario genere, ha il dovere sacrosanto di difendere la libertà della informazione. Lo stesso papa Bergoglio ha sostenuto che: “Il delitto più grave è proprio la disinformazione, che consiste nel raccontare solo una parte della verità, quella che più conviene all’informatore.”
Ma anche dire questo al nostro beota di turno significa perdere tempo. Sono i risultati che giudicano i comportamenti. Se un presidente riceve in eredità una società in Serie A, e si ritrova in Serie C, con un passivo considerevole, e non ha uno straccio di patrimonio che giustifichi investimenti dei tanti euro incassati, vuol dire che non ha agito bene, e non può nascondersi dietro l’affermazione, sono il padrone e faccio quello che voglio.
Se ne renda conto lui e se ne renda conto anche il beota di turno.