Se parliamo di contestazione da parte dei tifosi dobbiamo riconoscere che il malcontento è generalizzato e tante sono le tifoserie che contestato chi più o meno duramente i loro dirigenti. Da Genova, a Milano; dalla Lazio al Bari; dal Livorno al Napoli, è tutto un susseguirsi di contestazioni da parte degli ultra che hanno nel mirino le società in generale, ma soprattutto alcun presidenti presi letteralmente di mira. A Pescara è Sebastiani, a Roma è Lotito, a Napoli è De Laurentis...Spesso sono contestati i singoli giocatori o anche una intera squadra accusata, spesso, di non impegnarsi al massimo e di non avere rispetto per la maglia che indossano. Così accade che vengano invitati duramente dai tifosi ad andare a lavorare oppure a togliersi la maglia perché non se sono degni.

Che ruolo ha il tifo nelle nostre vite? Cosa scegliamo di essere quando ci leghiamo a un club e decidiamo di seguirne le sorti? Perché scegliamo una squadra piuttosto che un’altra? 

La prima risposta, quella più semplice, è che il tifo è certo una cosa irrazionale e le sue funzioni hanno a che fare con gli istinti. Per alcune persone vale come semplice valvola di sfogo, per altre è un rituale che scandisce il fluire delle settimane, per altre ancora può essere una consolazione rispetto alla durezza della vita. Tifare ci alleggerisce l’esistenza forse proprio per la sua assenza di razionalità.

Con la stessa semplicità, il calcio si è legato alle città che lo ospitavano e si fonde con l’identità stessa di quei luoghi e di quelle comunità, ne condivide i valori e ne perpetua la storia, andando a sostituire i vecchi simboli.   

Spetto i tifosi si sono sentiti traditi da avvenimenti sconcertanti quali il calcio scommesse, per esempio. In definitiva ci siamo trovati spesso a fare i conti con una consapevolezza sempre più forte che si basa su fatti indegni, come lo furono il Totonero, Calciopoli, il doping, i falsi in bilancio. E non solo.

Che amarezza.

Che colpo per chi davvero ama il calcio.

C’è una distanza sempre maggiore tra il tifoso e i il calciatore. E questa continua a crescere nella totale assenza di azioni concrete da parte di chi governa il calcio in Italia.

Ma, tornando al problema che più ci sta a cuore, la Pescara calcio, dobbiamo riconoscere che i tifosi hanno mille ragioni per contestare: La squadra caduta in Serie C. Un presidente che da qualche anno dimostra di essere un vero mercante del calcio legato alle sue operazioni di comodo e che non sa rispettare la tifoseria, da lui spesso considerata come una massa di clienti che devono pagare il biglietto e basta.

Una società che naviga in acque diverse da quelle dei tifosi; questi sperano sempre in un rafforzamento della società e della squadra capace di partire all’inizio del campionato con la concreta possibilità di essere promossi. Invece, da un paio di anni il nostro Ferguson locale pensa solo alle plusvalenze, alle operazioni di valorizzazione di giocatori per le altre squadre facendo passare in ultima posizione la necessità di creare una squadra veramente competitiva.

Sono anni che il mercante vende giocatori appena sono stati capaci di mettere a segno un paio di gol e subito venduti a quattro soldi.

Comunque sia, con la sua abilità mercantile, il nostro presidente ha maneggiato centinaia di milioni di euro e non ha fatto fare un piccolo passo in avanti al valore globale della squadra che non ha che pochi giocatori di proprietà di scarso livello. Lui punta solo sui tanti movimenti di decine e decine di giocatori, molti dei quali sconosciuti agli stessi tifosi e che non hanno mai indossato ufficialmente la maglia biancazzurra.

Stanchi di tutto questo, i tifosi della Pescara calcio si sono riuniti e si sono contati esprimendo in vario modo il loro dissenso.

Chi dice ottocento, chi meno, chi più, insomma questa gruppo si è fatto sentire e si è dato un altro appuntamento al 15 di giugno, un sabato.

Da cronista impegnato da decenni con il Pescara, e da storico della società, confermo, con i tifosi, che questo Sebastiani è il peggior presidente che il Pescara abbia mai avuto.

Con la stessa durezza, però, devo dire che questa contestazione e le altre, successive, avranno solo un valore di denuncia e di condanna ma che non avranno altro risultato positivo.

Infatti i tifosi chiedono a questa dirigenza di andare via.

Ora il Delfino Pescara calcio 1936 è una società per azioni con un azionista, Sebastiani, che detiene una maggioranza bulgara, e quindi è nella condizione di spadroneggiare come gli pare e gli piace facendo i suoi personali affari. Non potrebbe essere mandato via che dall’Assemblea dei soci, ma lui ha circa il novanta per cento e gli altri, quindi, fanno solo tenerezza.

Se il tifoso non è d’accordo con la sua gestione, può solo punirlo non dandogli i suoi soldi, non abbonarsi e di lasciare, se ne ha la forza, la Curva vuota, con un danno economico per Sebastiani che, al vile denaro, è attaccato in modo mostruoso.

Prendendo in giro tutta la città sono anni che Sebastiani dice di voler vendere ma chiede cifre fuori da ogni logica e pone sul piatto come contropartita una società con più di venti milioni di passivo. Una società senza beni immobiliari, senza un parco giocatori di rispetto e, quindi, offre noccioline che tengono lontani dal Pescara seri acquirenti che con queste cifre potrebbero acquistare società di Serie A di seconda fascia.

Sebastiani, da furbo, sbraita che vuole vendere ma che nessuno si fa avanti.

Che faccia tosta.

Come può pensare che un operatore sano di mente possa stare dietro alle sue richieste? Ed ecco che si fa forte dicendo che non c'è nessuno che voglia subentrare.

La realtà vera è che ci sono dei potenziali acquirenti che lo stanno aspettando al varco e che prenderanno il Pescara come ha fatto lui, in Tribunale, a prezzo equo.

Pertanto dico ai tifosi di gestire con la massima correttezza possibile, per non cadere nel torto, queste contestazioni e che fanno bene a far sentire tutto il loro dissenso, ma che non devono aspettarsi nessun cambiamento nella proprietà

Ponendo Sebastiani di fronte ad una potente voce di dissenso, potrebbero, forse, indurlo a soluzioni lecite per evitare di vivere in un ambiente che lo odia e che lo disprezza.

Ma questo varrebbe, a mio modesto giudizio, per un uomo capace di analizzare con coscienza i fatti ma, da quanto visto finora, credo che abbia tanti peli sullo stomaco da non “sentire” questa accusa popolare e andrà avanti dicendo: parlate, parlate, io, intanto, agisco e continuo a guadagnare sulla vostra pelle.

Inoltre tutti sanno che il nostro mercante ha delle mire a livello di Federazione e queste può coltivarle solo è il presidente della Pescara calcio.

Con i suoi maneggi e con le sue alchimie finanziarie, è riuscito finora a far crescere il passivo della società ma ha aumentato anche il suo tesoretto personale e ha investito una parte delle somme, che sarebbero dovute servire a far crescere il valore del Pescara, a creare un movimento sportivo che soddisfa le esigenze, come ha detto Panatta, delle “pippe”.

Intanto i bond non sono stati saldati, continua anche oggi a muovere giocatori senza avere il consenso di un allenatore, continua a diffondere bugie su bugie dallo scranno riservatogli nella televisione di riferimento e chi vuol Dio se lo prega.

Lui, per ora, venera solo il suo dio personale, il denaro.

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