Ho rivisto con emozione, dalle immagini televisive, decine di ragazzi, maschi e femmine, lavorare con pale e secchi per aiutare gli anziani delle città colpite dalle recentissime alluvioni che ancora perdurano a martirizzare l’Emilia Romagna e mi sovviene la facilità e la superficialità con la quale, a più riprese, persone senza competenze specifiche, bollano i nostri giovani di essere inetti, bulli, spenti e, molto spesso, commentando il comportamento di molti di essi (forse in modo anche un po’ troppo semplicistico), si afferma che i ragazzi di oggi non hanno più valori, non hanno nulla in cui credere, non hanno nessun interesse vero all’infuori del divertimento.   

Nei momenti di bisogno, oggi come ieri,  ricordo l’alluvione del Po nel 1951, la diga del Vajont nel 1963, l’alluvione di Firenze nel 1966, i terremoti del Belice,   del Friuli, dell’Irpinia, del Molise, dell’Aquila nel 2009, sempre le novità nei soccorsi di queste catastrofi furono la presenza di una grande quantità di studenti che volontariamente accorsero a portare il loro aiuto e per la dedizione e l’impegno furono chiamati a volte “gli angeli del fango” o con altri aggettivi, ma sempre tali da esaltare lo spirito di questi studenti di cui nessuno ha mai registrato i loro nominativi.  Migliaia di ragazzi che furono e sono sempre presenti con il loro entusiasmo a dar manforte ai residenti stremati dalle negative esperienze.

Il fatto è che ogni generazione guarda al presente con spirito negativo bocciando tutto e tutti e commentando le bontà del passato. I giovani di oggi sono dei buoni a nulla, si aggrappano al reddito di cittadinanza e non vogliono lavorare, quelli di una volta, invece...

Invece quelli di una volta erano considerati ugualmente in modo negativo dagli anziani di quel periodo e così via dicendo di generazione in generazione.

Sempre, gli anziani hanno visto negativamente la presenza dei giovani nel contesto societario e lo  hanno fatto, e continuano a farlo, senza chiedersi i vari perché e i percome i giovani vivano in un certo modo.

Schiere di sessantenni pretendono di spiegare ai ragazzi come manifestare, perché farlo, contro chi combattere, come progettare un futuro che a loro non appartiene. Li giudicano, li sbeffeggiano come se avessero a che fare con creature inferiori perché non hanno fatto il Sessantotto, non hanno attraversato gli anni di piombo e non hanno mai usato un telefono a gettoni. È bizzarro che questa retorica tronfia provenga proprio da quelle generazioni che hanno consegnato ai figli e ai nipoti un mondo allo sbando e che, semplicemente, hanno fallito.

Il conflitto generazionale però non riguarda soltanto la sfera economica, la distruzione dell’ascensore sociale e il crollo di tutte le fondamenta nel mondo del lavoro. Bisogna riflettere sui motivi delle proteste dei giovani: essi protestano contro i padri bacchettoni, contro la società bigotta, la richiesta di una libertà individuale, sessuale, politica. Tutto giusto, ma quei ragazzi oggi sono degli anziani che sentenziano e che non si arrendono al cambio generazionale. In poche parole: sono diventati la proiezione dei loro padri.

L’arma più usata dalle vecchie generazioni è quella della delegittimazione: raffigurare i giovani come una massa di invertebrati inadatti a prendere le redini del pianeta. La tendenza di questi giorni di criticare il diritto di voto ai sedicenni, rientra perfettamente nel timore di perdere potere decisionale, e quindi i minorenni sono stati dipinti come immaturi e inadatti. Eppure nel 2023 non è per niente raro trovare dei sedicenni con una proprietà di linguaggio, una cultura generale e una conoscenza dei meccanismi politici nettamente superiori a tanti sessantenni.

Le vecchie generazioni dimenticano di non aver saputo intervenire con forza quando si presentavano affari che avrebbero danneggiato l’ambiente; basti pensare alla cementificazione selvaggia e alle fabbriche della morte che hanno avvelenato intere comunità.

L’intenzione dei giovani di diventare autosufficienti, e quindi di non doversi aggrappare al cimitero degli elefanti che li ha preceduti e ai loro giochi sulla pelle del pianeta – senza avere nemmeno quel minimo di lungimiranza necessaria per capire che la pelle del pianeta era la pelle dei loro stessi figli – sarebbe il colpo di grazia per i padri, costretti alla resa di fronte alla superiorità di una generazione sottovalutata, temuta e dileggiata.

I giovani di oggi  traboccano di buoni valori, di energie, di voglia di fare e di affermarsi diversi fra loro ma simili per tenacia e grinta e capaci di trasmettere tanti messaggi positivi. Bisognerebbe, quindi, prima stabilire che cosa sono i valori morali e quale sia la loro funzione.

Abbiamo, noi anziani, il vezzo di esprimere sempre dei luoghi comuni: “I giovani non sono una garanzia per il futuro, sono svogliati e pigri. I ragazzi non sono più quelli di una volta”, “Una generazione vuota di ideali, di punti di riferimento, di tradizioni e privi di valori”: ecco i ritornelli che tutti, giovani di ieri e di oggi, hanno sentito e sentono recitare da chi era ed è più adulto o già anziano. Si dice che i “nuovi giovani” siano violenti, distaccati e non riconoscano più il senso autentico della vita. Questi sono oppressi da un tormentato nichilismo e nulla, per loro, è importante. Certamente di fronte alle storie di cronaca, come quelle di adolescenti che consumano sempre più alcool e droghe e violentano ragazze della loro stessa età, o di ventenni che rischiano la vita tutti i fine settimana sulle strade dopo una notte passata in discoteca, è facile che nascano interrogativi su quali siano i valori e le motivazioni delle nuove generazioni.

In ambito educativo si sente spesso parlare di giovani che non sanno quello che vogliono, che non seguono principi e norme morali.

Nessuno parla, però, delle iniziative autonome, dell’organizzazione informale che ragazzi e ragazze spesso si danno per realizzare, con spirito di iniziativa e intelligenza, serate, concerti, manifestazioni sportive, luoghi di aggregazione, attività ricreative, momenti di sostegno a coetanei in difficoltà; nessuno o poco spazio viene dato alla generosità che gli adolescenti esprimono nelle associazioni, nelle cooperative, nel volontariato, nell’organizzazione culturale.

 Mi sento di affermare che la differenza tra i giovani di oggi e quelli di ieri e dell’altro ieri, sta nei modi di comportarsi, di aggregarsi, di amare, di desiderare, di prefissare obiettivi, non può e non deve divenire un giudizio di valore. I ragazzi e le ragazze di oggi sono diversi, è vero. Ma un modo di vedere e di pensare differente consente loro di sopravvivere in una società che non fa altro che contaminare con idee, ideologie e modelli di vita utopistici le loro menti.

 Gli adulti dovrebbero ricordare quali sono le loro responsabilità ed essere, inoltre, consapevoli che la loro esperienza non sempre è in grado di costituire, per i giovani, un esempio. Molti giovani sostengono che mancano punti di riferimento sicuri ed anche per questo motivo accolgono volentieri tutto quello che è più facilmente a portata di mano, rifiutando il sacrificio

Gli adulti, quindi, non dovrebbero pretendere dai giovani una testimonianza di vita morale, senza avere prima essi stessi sviluppato e testimoniato un proprio modo di vivere morale degno d’essere presentato alle nuove generazioni.  

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