Dice Colombo: “Me l’aspettavo. Paradossalmente, dopo il primo gol abbiamo quasi voluto gestire la partita e lì abbiamo iniziato a soffrire e lasciato spazio al Monterosi. Dopo il nostro primo gol c’è stato un atteggiamento di rilassamento e di ‘gestione’; dopo il gol dell’uno a zero abbiamo pensato troppo a gestire invece che a continuare a fare quello che avevamo fatto fin lì. In alcuni frangenti abbiamo tenuto palla invece che andare a fare male. Non c’era quella voglia di chiudere la partita: lì abbiamo commesso l’errore; non abbiamo più provato quello che solitamente ci riesce.”
Analisi giusta di chi capisce calcio.
Il presidente, invece, “laureato in scienze calcistiche” presso l’università on line di un vecchio amico, si scaglia contro l’operato dell’arbitro e della partita non sa dire altro che scempiaggini tecniche che mal si conciliano con il suo “dottorato”.
Intanto, chi ha un obiettivo ben preciso e un programma ben definito, vedi Catanzaro e Crotone, rosicchia punti in classifica e comincia a dare un indirizzo al campionato che si colora di verde, azzurro e nero esaltando i valori della Calabria calcistica.
Per avere successo non basta scagliarsi contro gli “altri” e lamentarsi del problema.
E’ necessario capire dove stanno i nostri anelli deboli e rinforzarli, solo così si può incidere positivamente sulla realtà che ci circonda.
Niente scuse o lamentele, signor Ferguson collinare.
La squadra deve lavorare su ciò che è in suo potere e finalizzare i suoi valori per la conquista del successo che è, o dovrebbe essere, alla base della programmazione societaria.
Colombo, il tecnico, dice una cosa giusta e il presidente, invece, farnetica colpevolizzando l’arbitro e dimentica che una piccola squadra, con piccole ambizioni, ha meritato il suo pareggio anche considerando un legno colpito. Per onor di cronaca anche il Pescara ha colpito un palo.
Il presidente della Pescara Calcio ha stabilito quali sono le priorità societarie? Ha saputo cedere a persone competenti alcuni ruoli fondamentali della società o continua imperterrito, perché si crede il migliore, a fare di sua iniziativa limitando gli altri sempre a ruoli marginali?
Uno dei più grossi problemi a livello comunicativo è che spesso non capiamo gli altri e non siamo capaci di farci capire. Questo accade perché ragioniamo in modo sbagliato, mettendo sempre davanti noi stessi.
E Sebastiani riesce a farlo perché poggia il suo “essere il migliore” su ciò che una televisione compiacente gli consente di credere.
Lui fa delle valutazioni; giudica pensando che il suo punto di vista sia giusto. Fornisce consigli calcistici basati sulla sua esperienza molto limitata; interpreta sulla base delle sue motivazioni che sono più mercantili che tecniche.
In altre parole, è sempre lui il centro dell’attenzione.
Prima, invece, dovrebbe imparare a capire gli altri, attraverso la tecnica dell’ascolto attivo, poi potrà formulare il suo pensiero.
Avere visioni diverse è un problema solo se si vuole imporre agli altri la propria posizione, cosa che il nostro laureato in scienze calcistiche fa ad ogni intervento.
Così non si va lontano.
Faremo i play off, i tifosi si scalderanno per qualche buon risultato, si arrabbieranno per alcuni risultati mancati e, alla fine, il vero soddisfatto sarà sempre e soltanto lui perché avrà individuato alcune cessioni e avrà sistemato i suoi conti personali.
Ai tifosi non resterà che mugugnare contro i gufi e contro gli arbitri mentre gli altri festeggeranno per la promozione.