Sono anni, ormai, che mi scontro con certe cattive abitudini dei tifosi che amano confrontarsi con i giornalisti. Cattive abitudini che hanno preso non per colpa loro ma di quegli operatori della comunicazione che non hanno il coraggio di fare il loro lavoro secondo il dettato dei principi dell’etica giornalistica che dicono: Giornalisti e editori sono tenuti a rispettare il segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse, e a promuovere lo spirito di collaborazione tra colleghi, la cooperazione fra giornalisti e editori, e la fiducia tra la stampa e i lettori”.
La fiducia tra stampa e i lettori si realizza quando il giornalista fa il suo lavoro e il lettori fa il suo nel rispetto dei ruoli.
"Verità, rigore e accuratezza, integrità, equità e responsabilità" costituiscono i "pilastri normativi del giornalismo".
Queste regole si applicano alla missione del giornalista: dovere di informare, rispetto per il lettore, interesse pubblico, diritto di sapere. Contribuiscono alla sua credibilità allo stesso modo dell'indipendenza nei confronti dei poteri politici ed economici.
Orbene, in quasi cinquantotto anni di professionismo, (sono arrivato a compiere ottantadue anni), durante i quali ho frequentato giocatori, allenatori e dirigenti di tutti i livelli, ho lavorato per testate nazionali, come Messaggero, Guerin Sportivo, Stadio, aver pubblicato oltre cento libri di varia natura, aver sempre difeso la mia libertà di giornalista, senza aggreppiarmi e senza cercare sponsor di alcun genere, tanto è che pur felice del mio percorso professionale, devo lavorare per vivere non avendo tesorizzato la mia professionalità, non sono riuscito a far capire ai lettori che mi possono chiedere come stanno determinate cose, come è stata giocata e vissuta una partita, come si comportano determinati addetti ai lavori, ma non possono permettersi di chiedermi di “remare” in favore della società di calcio o di appoggiare, per il bene della squadra, l’operato di certi dirigenti.
L’appoggio partigiano, il remare a favore, il dire solo le cose utili e nascondere le verità che possono far male, sono dovuti al tifoso, non al giornalista.
Ricordo che moltissimi colleghi, maestri di giornalismo, da Italo Cucci a Mario Gismondi con i quali ho collaborato per anni, da Nando Martellini a Paolo Valenti che ho avuto per molto tempo ospiti nelle mie rubriche televisive, a Paolo Rosi (memorabili trasferte al seguito della Nazionale di Rugby) ed altri ancora, mi hanno sempre detto che doveva essere mia cura particolare quella di non far trasparire sentimenti di passionalità, nei confronti di una squadra, che doveva restare segreta nel mio cuore, o di amicizia nei confronti dei dirigenti, per non far pensare ad atteggiamenti partigiani nei confronti degli stessi e per non perdere di credibilità.
Invece, molti di questi che fanno il mio stesso lavoro, si preoccupano primariamente, di diventare “amici” dei giocatori e dei vari dirigenti per vedere facilitato il proprio lavoro. Non si preoccupano di indagare e conoscere i vari aspetti di un problema ma si accontentano di far felici i padroni del momento certi anche di avere l’appoggio di quei tifosi che non vogliono sapere ma che pretendono solo che si inneggi alla squadra, tanto che molti editori, per le partite importanti, lasciano “riposare” i cronisti locali e affidano il servizio a degli “inviati”.
In questi anni si è venuta affermando questa brutta abitudine di avere giornalisti tifosi che scrivono o dicono (soprattutto i vari “opinionisti” delle tv locali) solo quello che fa comodo al presidente o al tifoso sfegatato che vuole solo urlare la sua fede senza minimamente voler sapere cosa è accaduto i vero. Salvo poi ritrovarsi, come nel caso del Pescara, retrocessi in serie inferiore e non sapere perché è accaduto il fallimento tecnico e finanziario.
Brutte abitudini, dicevo nel titolo, e queste hanno reso invivibile il mondo del calcio e della informazione che sono in mano ai mestieranti, ai faccendieri, agli speculatori, a persone che sfruttano la genuina passione dei tifosi al grido di tutti allo stadio per la ... maglia. Mentre essi fanno il conto di quanto hanno incassato.