Questa mattina l’amico Antonio D’Onofrio mi ha consegnato un volume autografato di Vittorio Di Boscio. Ho letto rapidamente le pagine scritte dall’artista che mi onora della sua amicizia e l’emozione mi ha sopraffatto: il suo è un grido di dolore rivolto anche a sostegno di “Artigiani e Commercianti che hanno creduto nel loro lavoro ma non ce l’hanno fatta perdendo tutto e, alcuni, anche la vita!”
Vittorio Di Boscio, conosciutissimo in diverse parti del mondo dove ha organizzato le sue mostre personali di pittura, è senza dubbio, una delle colonne portanti della “pescaresità”. Amante del mare e della sua città ha dovuto ammainare la sua vela e chiudere bottega. Ma non lo ha fatto in silenzio leccandosi le ferite, ma con orgoglio e fierezza ha fatto sentire forte e possente la sua voce di Artista, che non conosce sconfitte, e di Artigiano che ha dovuto, invece, chinarsi dinanzi allo strapotere di una società in cui “l’ipocrisia degli incapaci incoraggia gli immeritevoli.”
Contestando, a modo suo, questa società nella quale non può riconoscersi, dati i suoi valori morali e culturali, si è “acconciato” da barbone e ha chiesto l’elemosina dinanzi ad una delle chiese più importanti di Pescara e ha fatto anche il giro di alcuni locali da lui frequentati da “ricco” per vedere se lo avrebbero riconosciuto da “povero”.
Nessun dubbio: chi ha la pancia piena non conosce chi digiuna e nessuno ha riconosciuto nel “barbone” il ricco artista capace di andare per mare a vivere le sue avventure personali.
Conosciuto un tizio che da finto povero incassava quotidianamente, esentasse, una cifra piuttosto consistente, gli venne lo schiribizzo di “trasformarsi” in elemosinante. Quante nuove esperienze di vita: dalla ricca e opulenta “stracciona” morale che, nascondendo la sua pusillanimità sotto una costosa pelliccia, esortava la ragazza che l’accompagnava a lasciar perdere quel “pezzente”, al signore pensionato indigente che si privava di un euro per aiutare chi era sfortunato come e più di lui.
In Luca leggiamo: “Alzati gli occhi, vide alcuni ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro. Vide anche una vedova povera che vi gettava due spiccioli e disse: «In verità vi dico: questa vedova, povera, ha messo più di tutti. Tutti costoro, infatti, han deposto come offerta del loro superfluo, questa invece nella sua miseria ha dato tutto quanto aveva per vivere».
Proprio così i ricchi non danno, i poveri dividono il poco che hanno... e l’artista, non dimentichiamo questa sua realtà importante, non poteva non cogliere le varie sfumature di questa sua contestazione. Un esempio di libertà e di forza morale che mi commuove nella lettura e mi fa diventare ancora più grande, un vero gigante, questo mio amico.
Di Boscio ha tenuto a precisare che questo suo lavoro è dedicato a tutti coloro che dopo una caduta sono pronti a costruire qualcosa di belle e di giusto per l’abbattimento delle ostili barriere, oltraggio al diritto e alla dignità della vita.
Dopo questo esperimento Di Boscio è tornato alla sua vita di sempre, mare, amici, sane cene preparate con maestria da lui, ma questa esperienza gli ha fatto capire quanto siano piccoli i cosiddetti grandi e quanto, invece, sono grandi i considerati piccoli.