Il bar Napoli è proprio vicino a delle scuole e l’andirivieni di professori, genitori e studenti, ci mette in uno stato di curiosità e di vigile controllo delle varie situazioni psicologiche che colpiscono gli studenti ma anche le famiglie e i professori.
Al mio tavolo questa mattina ci sono gli Amici A - B e C. La mia prima impressione è che la paura degli esami stia coinvolgendo tutti e non solo gli studenti. Guardarli in volto mi fa scoprire tutti i segni psicologici che confermano la persona sotto stress. Ho la sensazione che gli studenti abbiano la “paura” ma i genitori e i professori hanno “lo stess” da esami della maturità.
Facile intuire come il respiro si fa più affannoso, i battiti cardiaci rimbombano nel petto, lo stomaco si serra, i muscoli si irrigidiscono, sembra di non ricordare più nulla e le parole fanno fatica ad uscire. Sono questi i sintomi della paura d'esame, più diffusa di quanto si creda.
Dai risultati della ricerca emerge che i maturandi soffrono di stress, di disturbi del sonno, hanno ansia e sbalzi d'umore e per ovviare alla situazione fanno ricorso a farmaci. Ma non solo, più si avvicina l’appuntamento con gli esami e più peggiorano anche le abitudini alimentari degli studenti. Dopo due anni di pandemia si è tornati alla normalità e questa normalità fa paura e mette ansia ai maturandi che cercano di superare lo stress in tanti modi e non tutti corretti.
Mi chiede l’amico A: “Ricordi i tuoi esami di maturità, visto che tra noi sei il meno giovane? Avevi paura alla vigilia?”
Captai nelle sue parole un po’ di ironia ma non ho avuto dubbi nel dir loro: “La paura degli esami nasconde in realtà la paura del giudizio altrui. È come se il voto fosse dato alla persona, non alla sua preparazione. Un insuccesso è quindi vissuto come un fallimento e non semplicemente come l'indice di un metodo inadeguato, di un'esposizione carente o di una preparazione frettolosa o insufficiente. Si perde di vista il fatto che il voto altro non è che un controllo necessario per verificare se si sta procedendo in maniera adeguata verso l'obiettivo finale. Avevo studiato, ero preparato abbastanza. Ciononostante avevo una “paura matta”. Altro che dormire! Tutte le notti avevo gli incubi: sognavo di arrivare in ritardo, di sbagliare giorno, di fare scena muta o di rispondere alle domande con strane risposte.
Quello che anche mi preoccupava era l’imponderabile, l’imprevisto ed il pizzico di fortuna sempre necessario.
Nell’anno scolastico 1957-58 (quando mi diplomai in ragioneria al Tito Acerbo) solo il 50% degli allievi delle scuole di avviamento aveva conseguito la licenza al termine del triennio, contro il 72,9% degli alunni della scuola media. Dunque un doppio filtro separava le classi sociali.”
“Ricordi qualche particolare?” chiese l’amico C.
“Riflettei un attimo e poi gli dissi: “Un fatto curioso. Per molti mesi, dopo gli esami di maturità, pur avendoli superati in modo egregio, avevo la sensazione come se non avessi fatto lo scritto di Ragioneria e mi preoccupavo di come poter andare a farlo ...Veramente, un fatto strano che mi ha ‘perseguitato’ per molti mesi.” Sorrisi al ricordo.
“La paura degli esami – intervenne l’amico B - procura ansia, condiziona, blocca. Il rendimento risulta normalmente inferiore al livello di preparazione e questo comporta con il tempo un accumulo di insuccessi e di frustrazioni. Alla lunga ne risente la fiducia in sé e, tenendo conto che tali problemi affliggono soprattutto le persone più insicure, si può capire quale sia il disagio interiore dovuto a questo perverso circolo vizioso.”
“Un fatto è certo – intervenne ancora l’amico A – che molto è cambiato dai tempi nostri ad oggi.
Che il candidato rischiasse di venir sottoposto ad un tipo di esami per cui la scuola non lo aveva preparato era la preoccupazione principale anche di alcuni dei docenti, che si mostravano consapevoli del fatto che, cambiando il tipo di accertamento ma non il curricolo, il superamento della vecchia impostazione fosse nei fatti impossibile.
Si noti che i tassi di abbandono o bocciatura erano altissimi nell’avviamento
Il cambiamento giunge negli anni successivi: nel 1962 fu istituita la scuola media unica, obbligatoria, gratuita, oggi definita secondaria di primo grado. Molte cose stavano cambiando nella società italiana: il Paese da agricolo stava diventando industriale. Molte persone si erano trasferite dalle campagne alle città, dal Sud al Nord. La classe operaia, in passato solo idealmente vagheggiata, era diventata una corposa realtà. Si avviava il cosiddetto boom economico. Era arrivata la televisione. Stavano cambiando gli stili di vita, così come il mondo intorno stava cambiando. Le auto, le città, gli elettrodomestici, le case. È chiaro che si era entrati in una nuova era: l’era della tecnica.”
“Aggiungo poi -intervenne ancora l’amico C che negli anni Sessanta non furono solo le élite politiche, intellettuali e imprenditoriali, era la società intera a domandare più istruzione e a chiedere l’accesso per tutti alla conoscenza. Ai docenti vengono chiesti nuovi modi di insegnare. Agli intellettuali, nuovi contenuti.
Tuttavia, in questa scuola che avrebbe dovuto realizzare l’istanza di uguaglianza e pari opportunità formative per tutti, persistevano selezione e bocciature!
Nel 1969, con il ministro Fiorentino Sullo, cambia l’esame di maturità. Ci fu la soppressione degli esami di riparazione e la liberalizzazione degli accessi agli studi universitari. Il decreto avrebbe dovuto avere una validità sperimentale di soli 2 anni e ne durò invece quasi 30...”
“E poi non dimentichiamo -intervenne l’amico B – che non fu ben recepita l’idea che voleva la scuola per tutti. Il concetto, a mio parere, doveva essere che tutti coloro che avevano voglia e interesse per la scuola dovevano essere messi in condizione di poterlo fare, e non che tutti dovessero, comunque, andare a scuola e pretendere la parità delle valutazioni con i voti politici. Ricordate lo scandalo universitario dei diciotto politici che tanto male ha fatto alla scuola tutta?”
Gl’interventi dei miei amici A B e C erano tali da invogliare a continuare il discorso ma erano quasi le otto e ognuno, tranne il sottoscritto, aveva degli impegni in corso. Forse ci saremmo tornati una di queste mattine, ma il bello dei miei incontri casuali al bar, sta nel fatto che sono le persone che incontriamo a darci il “La” per le nostre riflessioni. A presto”.