Già prima della partita, guardando la scritta Città di Pescara, si aveva il segno della sconfitta della gestione di Sebastiani. Tutte le altre città, hanno sempre proposto delle scritte ineccepibili, curate e dignitose dal punto di vista grafico, a Pescara, invece, il segno dell’abbandono, del mancato rispetto anche per il nome della città.
Mi dite ma questo che c’entra con la sconfitta?
C’entra perché si ha la dimostrazione di un disinteresse del presidente per ciò che non riguarda i suoi maneggi commerciali.
In finanza si ha il caso di operatori che prendono delle aziende e le sfruttano fino all’ultima possibilità per poi abbandonarle al loro destino incuranti delle esigenze di chi quelle aziende hanno contribuito a far crescere.
Il nostro mercante locale ha preso l’azienda Pescara Calcio o Delfino 1936 che dir si voglia, e l’ha sfruttata spolpandola di ogni suo patrimonio calcistico e di fede riducendola come tutti, ora, riescono a vedere mentre fino a ieri hanno tenuto gli occhi rivolti altrove e le orecchie sensibili solo al richiamo della sirena sebastianea.
Costa molto ripulire e ritinteggiare la Tribuna e offrire una scritta decente considerando chele riprese televisive mettono in bella evidenza quello sconcio attuale?
Costava molto prendere una parte concreta delle tantissime plusvalenze per rendere più forte il patrimonio calcistico e offrendo ai tifosi un campionato dignitoso?
Il mercante si è sempre vantato di aver gestito con oculatezza e con grande efficacia la società come se non avessimo capito che le tante movimentazioni di giocatori sono servite solo ad arricchire il suo patrimonio personale e non quello della società.
Dei tifosi che operano dietro la sigla “40mila.it” si sono presi la briga di pubblicare e commentare le voci del bilancio dello scorso anno e, nella sequenza dei conti, sottoconti e partite di giro, si ha la precisa sensazione dello “spolpamento” effettuato sulla pelle dei tifosi.
Quale ingenua continua a dire che è giusto che un presidente di una società guadagni, ma non si rende conto che, una cosa è guadagnare ed un’altra è “spolpare”. Sarebbe bastato investire una parte onesta delle tante entrate per acquistare quei due veri giocatori che avrebbero potuto far cambiare le sorti del campionato e non continuare a prendere atleti inidonei e che nella maggior parte dei casi sono finiti o in tribuna, o hanno fatto delle insignificanti apparizioni solo per giustificare i movimenti e le plusvalenze assorbite dal “pozzo di san sebastiani” mai sazio...
Mancano nove giornate al termine. L’aritmetica ancora ci condanna definitivamente e i “coristi”, analizzando la situazione di classifica sotto le direttive del mercante padrone, continuano a parlare di salvezza alla portata di una squadra viva.
Non dicono che nel girone di ritorno il Pescara ha fatto 7 punti su 10 partite tanti quanti ne aveva fatti nel girone di andata che è stato definito dai sani commentatori sportivi un vero disastro.
Il Pescara, dicono, è vivo e può salvarsi come se giocasse solo il Pescara e le altre squadre stessero a guardare e non lottassero, anch’esse per salvare il loro torneo.
Nove partite al termine tra cui Monza, Brescia e Salernitana che veleggiano con il vento in poppa. E poi gli scontri diretti con Entella, Cosenza, Reggiana, Cremonese. E con due squadre tranquilla, ma che non regaleranno nulla come Pisa e Vicenza.
Se ci assicurassimo le vittorie sulle dirette concorrenti avremmo 12 punti in più (23+12) arrivando a 35 punti e il resto?
Personalmente sono un credente ed un uomo di fede e quindi credo nei miracoli. Ma perché i miracoli avvengano bisogna anche mettersi nella condizione di meritarseli altrimenti diventa solo espressione di arroganza, di tracotanza, di presunzione: tutte caratteristiche della personalità del mercante pescarese che, salito su una sedia, si è sentito come il vero padrone del patrimonio calcistico pescarese e da quella sedia ha sproloquiato, assistito dai reggitori di microfono, come il Ferguson collinare.