Dal signor Carlo Ariosto ricevo e pubblico questa foto scattata intorno alle otto di oggi domenica 17 maggio, che non avrebbe bisogno di commento in quanto, da sola, descrive un atteggiamento a dire poco superficiale.

Ma, per rispetto alla richiesta del signor Ariosto, noto antiquario, abruzzese di origine, romano – milanese per motivi professionali, che da qualche anno ha scelto di vivere da noi in quanto innamorato del mare e dell’affabilità dei nostri concittadini, pubblico ciò che ha scritto come didascalia della foto da lui scattata:

“Caro Gianni, ti prego di pubblicare questa mia foto che documenta chiaramente quello che penso di molti ciclisti amatoriali, ne conosco alcuni e uno in particolare che ha il mio stesso nome, che pensano di vivere in un loro mondo particolare senza il rispetto di alcuna regola. Li vedi “raggruppati” a bere il caffè senza alcun rispetto per le distanze previste; correre sul marciapiede del lungomare invece di usare la loro corsia che è costata fior di euro alle due amministrazioni di Pescara e Montesilvano; oppure pedalare raggruppati sulla strada senza usare la loro corsia infastidendo gli automobilisti che hanno il terrore di farli cadere non avendo lo spazio necessario per garantire loro quello che è definito “spazio di caduta”.

Insomma, incontrando un gruppo di “non meno” di venti ciclisti, se suoni il clacson per sorpassare più rapidamente possibile vieni “ricoperto di insulti”, dimostrazione evidente della generale indegnità della categoria dei ciclisti sportivi.

Il Codice della Strada non è solo un agglomerato di imposizioni, divieti e sanzioni calati dall’alto, in base al guizzo del legislatore. Il filo conduttore che ci deve guidare nella lettura complessiva delle sue disposizioni è il principio per cui queste costituiscono tutte un tentativo di azzeramento dei rischi che derivano dalla circolazione dei veicoli.

Le norme del Codice della Strada, cioè, dettano principi di tipo cautelare, invitando gli utenti della strada a tenere comportamenti ritenuti il più possibile prudenziali.

L’art. 143 del Codice della Strada dispone che: “I veicoli devono circolare sulla parte destra della carreggiata e in prossimità del margine destro della medesima, anche quando la strada è libera. 2. I veicoli sprovvisti di motore (le biciclette) devono essere tenuti il più vicino possibile al margine destro della carreggiata”.

La norma, insomma, pur pensata per tutelare una categoria di veicoli quali quelli non a motore –e tra essi, le biciclette-, viene percepita dai suoi destinatari più come un “attentato” alla propria incolumità. Ed è per questo spesso disattesa con notevoli disagi per tutti.

Mi chiedo, ma i ciclisti della domenica credono di far parte di una società diversa e di essere esenti dall’obbligo del rispetto delle regole? Frequentando per diverso tempo il mio omonimo ciclista ho avuto questa sensazione: si sentono i padroni della strada e guai a sollecitarli a tenere un atteggiamento consono e civile.

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